E-commerce: tutela dei diritti dei consumatori e rischi delle aziende.
Cosa cambia dal 13 giugno.
Dal 13/6/2014, a recepimento della direttiva UE 2011/83/CE, è entrato in vigore il Decreto Legislativo 21 febbraio 2014, n. 2. Vedi il testo sulla GU. Una pubblicazione UE, la MEMO/11/450 del 23/06/2011 (leggi), citava una dichiarazione del commissario UE per la Giustizia, Viviane Reding: “È un gran giorno per i 500 milioni di consumatori europei: l’odierna adozione della nuova direttiva dell’UE sui diritti dei consumatori rafforzerà tali diritti e metterà fuori legge quei truffatori che in Internet si fanno pagare con l’inganno per oroscopi o ricette offerti apparentemente gratis. Gli acquirenti non verranno più raggirati e costretti, al momento dell’acquisto di un biglietto, a pagare un’assicurazione viaggio o il noleggio di un’auto che non desiderano. E tutti avranno 14 giorni a disposizione per restituire le merci acquistate a distanza, che sia via Internet, per posta o per telefono.” Nella dichiarazione sono richiamate le principali novità introdotte dalla direttiva e che da oggi diventano operative anche per i consumatori ed i venditori in Italia: I 10 cambiamenti più importanti introdotti dalla nuova direttiva:
Il Mercato e-commerce Europa ha superato i 300 miliardi di euro (negli USA 280mld) soprattutto in Francia, Germania e Regno Unito. In Italia gli acquisti retail online sono il 3% del totale (contro il 10% di alcuni Paesi), pari a 11,2mld euro, ma con una crescita che ha superato il 17% anno su anno.
Risulta ancora poca propensione all’acquisto online dei prodotti trovati su web (34%), ma in netta crescita (+50%): a febbraio 2014 gli acquirenti online erano oltre 16 milioni.
Ambiti merceologici: circa il 50% dei volumi transati si sviluppano nel turismo, ma altri settori quali abbigliamento, assicurazioni, editoria, informatica, elettronica di consumo, arredamento stanno incrementando volumi e percentuali.
I rischi non solo per i consumatori La direttiva UE del 2011 ha come obiettivo principale la tutela del consumatore rispetto ad alcuni rischi, ma anche l’azienda che opera attivamente sul web incontra alcune tipologie di rischi in cui può essere soggetto attivo o passivo. Ecco alcuni esempi: – mancanza di riconoscimento del prodotto acquistato (difetto, differenze, ripensamento, ecc.) la direttiva ha ampliato gli obblighi per il venditore in termini di tempi di accettazione del reso, di comunicazione e trasparenza, con conseguenti rischi di aumento di costi e di possibili sanzioni – dati pagamenti intercettati da terzi in Italia figura un maggior utilizzo di carte prepagate rispetto agli altri Paesi europei (al 2012 risultavano circolanti ca. 18 milioni di carte prepagate – dati Mastercard), fatto che in parte viene fatto risalire alla mancanza di fiducia nella sicurezza delle transazioni online. Peraltro l’UIF (ufficio informazione finanziaria) di Banca d’Italia ha recentemente raccomandato agli emittenti un monitoraggio dell’utilizzo di tali carte in particolari settori ove potrebbero configurarsi attività illecite (riciclaggio, gioco, ecc.). – possibile incertezza di identificazione delle parti (phishing e hidden pages) In questo caso la vittima è normalmente l’acquirente, ma in alcuni casi il coinvolgimento del venditore può essere quantomeno “fastidioso”: conoscere ed aggiornarsi sulle fattispecie di frodi più diffuse può evitare tale coinvolgimento. Come affrontare per un’azienda tali rischi? Come decidere le contromisure o le strategie da adottare per non trovarsi in difficoltà? Un esempio di riconoscimento – analisi – decisione su ritenzione o trasferimento potrebbe essere rappresentato nello schema che segue, con un semplice ciclo base di risk management tipo “what-if”. Una volta identificato nel momento produttivo il possibile evento problematico, i rischi e le conseguenze connessi, si può operare la scelta sul trattenimento in azienda del rischio stesso, con le opportune contromisure, oppure sul trasferimento all’esterno, ad esempio con polizze assicurative o con outsourcing.