Il conflitto d’interessi in assicurazione: intervista al Prof. Giuseppe Russo
Con il nuovo regolamento n. 35 Isvap, e con le riserve dovute alla sentenza del TAR Lazio che annulla l’art. 52 del su menzionato regolamento (ma che è stato nuovamente messo in consultazione pubblica come schema di norma e che quindi presto tornerà in vigore), si pone un freno al business della Bancassurance. Vediamo di capire perché, e a spiegarcelo sarà Giuseppe Russo, docente di Diritto della previdenza, delle assicurazioni e dell’assistenza sanitaria integrativa M.A.P.A. presso l’Università Liuc di Castellanza e professore presso l’Università E-Campus.
L’art. 51 pone un divieto generico?
Sì, si tratta di un divieto di porre in essere operazioni in conflitto alle imprese di assicurazione, ma anche a quelle a esse collegate da rapporti di partecipazione diretta o indiretta, di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo. Tale concetto tuttavia, non è di certo nuovo in ambito assicurativo.
A cosa si riferisce in particolare?
La prima espressione si riscontra nell’art. 183 del Codice delle Assicurazioni Private nell’inciso del I comma lettera c) il quale sancisce che, nell’offerta e nell’esecuzione dei contratti le imprese e gli intermediari devono: “Organizzarsi in modo tale da identificare ed evitare conflitti di interesse ove ciò sia ragionevolmente possibile e, in situazioni di conflitto, agire in modo da consentire agli assicurati la necessaria trasparenza sui possibili effetti sfavorevoli e comunque gestire i conflitti di interesse in modo da escludere che rechino loro pregiudizio”. Tale norma, di carattere generico, era inoltre subordinata, nei successivi commi, a una più specifica regolamentazione da parte dell’autorità di vigilanza volta alla determinazione delle regole di comportamento da osservare nei rapporti con i contraenti, in modo che l’attività fosse svolta con correttezza e con adeguatezza rispetto alle specifiche esigenze dei singoli.
Quale fu la prima disciplina attuativa?
Fu quella dedicata al canale distributivo (gli intermediari), attraverso il regolamento n° 5 del 2006 che all’art. 48 I comma così dispone: “Nell’offerta e nella gestione dei contratti di assicurazione gli intermediari evitano, secondo quanto disposto dall’articolo 183 del decreto, di effettuare operazioni in cui hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo. Qualora il conflitto non risulti evitabile, gli intermediari operano comunque in modo da non recare pregiudizio agli interessi dei contraenti”.
Tale norma è esattamente sovrapponibile a quanto disciplinato dall’art. 51 del regolamento n° 35?
L’unica differenza è il soggetto a cui si rivolge l’autorità. Tuttavia parlare di divieto non è proprio corretto, piuttosto dovremmo parlare di un più generico “invito” a evitare possibili situazioni di conflitto che qualora non risultino superabili, obbligano sia le imprese che gli intermediari a operare in modo da non recare pregiudizio agli interessi dei contraenti. I successivi commi sia dell’art. 51 del regolamento Isvap n° 35 sia dell’art 48 del regolamento Isvap n° 5 dispongono tutta una serie di comportamenti da seguire per le imprese e per gli intermediari, volti a una maggiore tutela e trasparenza nei confronti del cliente.
Quindi il concetto di conflitto di interesse non è affatto nuovo.
No anzi, inquadrata ora la ratio del legislatore sul concetto di conflitto di interesse risulta più agevole la comprensione del divieto disposto con l’art. 52 del regolamento Isvap n° 35 che rappresenta l’anello di congiunzione delle norme appena esaminate. La norma dispone, sulla scorta di un palese conflitto di interesse, il divieto di assumere, direttamente o indirettamente, la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del relativo contratto in forma individuale o collettiva.
Quando nasce il conflitto d’interesse?
Nel momento in cui gli istituti bancari, oltre a svolgere l’attività tipica creditizia e cioè erogazione del credito, fanno contemporaneamente da intermediari assicurativi (pertanto iscritti all’albo RUI sez. D) vendendo polizze assicurative, percependo provvigioni sulle stesse e inserendosi tra le parti contrattuali come beneficiari in caso di risarcimento, tutelandosi anche dagli eventi negativi. Basti pensare alla creditor protection in cui contemporaneamente al finanziamento (mutuo o prestito personale) operato dall’istituto bancario, viene richiesto al cliente di stipulare una polizza assicurativa, per coprire il rischio di decesso e invalidità permanente e/o temporanea, per tutelare l’assicurato da una situazione di difficoltà nel rimborso delle rate. Altro caso è quello in cui viene richiesto di stipulare una polizza incendio ed eventi atmosferici per proteggere l’abitazione, per tutelare il contraente dall’evento negativo di dover affrontare spese di ripristino dell’abitazione oltre a dover sostenere il costo delle rate.
Cosa ha spinto l’autorità a emanare il regolamento 35?
Una dei delle motivazioni può essere ricercata nell’errore commesso dal legislatore nella “Legge Bersani” nell’ambito dell’ormai nota disciplina sulla portabilità del mutuo, di non considerare anche la portabilità delle polizze (incendio e scoppio del fabbricato, temporanea caso morte, perdita del lavoro, etc) stipulate in connessione del finanziamento. Pertanto, chi sceglieva dal 2007 in poi di cambiare istituto finanziario doveva riconsiderare la profittabilità dell’operazione finanziaria a causa degli elevati costi delle polizze e/o dei vincoli contrattuali delle stesse nelle quali non si poteva sostituire il beneficiario (la banca) con il nuovo istituto di credito o non si poteva ottenere il rimborso del premio non goduto.
Ciò implicava di dover stipulare nuove polizze richieste dal nuovo istituto?
Certamente. Poi successivamente nel 2008 l’Abi e l’Ania firmarono un accordo per risolvere il problema della portabilità delle polizze, specificando tuttavia il carattere non vincolante di tali linee guida. Nel corso degli anni successivi pochi istituti di credito e compagnie assicurative si adoperarono per rivedere le condizioni contrattuali delle polizze connesse ai mutui/finanziamenti. Per tali motivi l’autorità, anche intervenendo sulle politiche di prezzo considerate eccessive, ha provveduto a emanare il regolamento 35.
Adesso come agiranno adesso gli istituti bancari?
La risposta non è univoca ma la teoria economica e il calcolo delle probabilità possono esserci d’aiuto. Prendendo l’esempio sull’acquisto della casa, l’istituto bancario finanzia l’acquisto dell’immobile. Per la banca nascono due rischi: rischio di insolvenza della controparte nel caso in cui il mutuatario muoia ovvero si trovi nella situazione di non poter pagare le rate a causa della perdita del lavoro o di invalidità/inabilità temporanea per infortuni o malattia; rischio di perdita dell’immobile, nel caso di un incendio o di eventi atmosferici su cui grava la garanzia prihttps://www.formazioneintermediari.com/wp-content/uploads/8h-1.jpg (diritto reale di ipoteca). Nell’ipotesi di rischio di insolvenza della controparte quest’ultimo si riduce via via che il mutuo si estingue, ad ogni modo la probabilità che il mutuatario muoia è molto bassa. In un’analisi costi/benefici la redditività delle polizze (provvigioni fino all’80% del premio) è superiore al rischio di insolvenza della controparte (bassa probabilità di morte del contraente).
Volendo stimare la scelta economica delle banche che faranno?
In risposta al regolamento n. 35 queste è probabile che non rinunceranno alle provvigioni e quindi sceglieranno di non essere più i beneficiari della polizza temporanea caso morte (TCM).
Nell’ipotesi di rischio di perdita dell’immobile?
Qui il caso è molto più complesso in quanto seppur la redditività delle polizze è altrettanto elevata, la probabilità che si verifichi un incendio o eventi atmosferici che distruggano l’immobile, comportando la perdita della garanzia prihttps://www.formazioneintermediari.com/wp-content/uploads/8h-1.jpg è elevato. Volendo immaginare delle possibili alternative, le banche potrebbero avviare, in questo caso, attraverso le compagnie di assicurazione, una vendita diretta (ad es. con la vendita on-line). In tal modo il cliente di una banca che chiede un finanziamento/mutuo potrà acquistare la polizza direttamente on-line, indicando quale beneficiario la banca stessa, oppure sfruttare il tradizionale canale degli intermediari (agenti, broker).
Per le banche tali soluzioni, anche se non remunerative, potranno essere ugualmente convenienti?
È fuor di dubbio in quanto resta comunque il beneficio di non rinunciare alla mitigazione dei rischi attraverso le polizze di creditor protection, incendio ed eventi atmosferici delle case finanziate.
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